Occupazione femminile, Italia penultima in Europa e lontana “da Lisbona”
nel 2010 scade l'obiettivo UE del 60% di occupate. Italia ferma al 43 e va peggio al Sud. Il convegno di Catania su “Lavoro femminile e welfare: come competere in Europa” - 13-02-2008

Prima di Malta e superati dalla Grecia, in altri termini penultimi; le donne occupate in Italia sono il 46,3 per cento, con ben sette milioni in età lavorativa già fuori dal mercato del lavoro; il suddetto dato scende al 34,7 per cento al meridione; i posti per così dire “che contano” restano per l'emisfero femminile un'utopia: nel 63,1 per cento delle aziende quotate, escluse banche e assicurazioni, non c´è una donna nel consiglio di amministrazione; su 2.217 consiglieri solo 110 sono donne, il 5%; peggio nelle banche dove su un campione di 133 istituti di credito, il 72,2 per cento dei cda non conta neppure una donna e nonostante il 40 per cento dei dipendenti delle banche siano donne, solo lo 0,36 per cento ha la qualifica di dirigente contro il 3,11% degli uomini. E´ quanto emerge dal convegno su “Lavoro femminile e welfare: come competere in Europa” svoltosi a Catania con la partecipazione dei ministri delle Politiche europee, Emma Bonino, della Famiglia, Rosy Bindi, e delle Pari Opportunità, Barbara Pollastrini.
Gli obiettivi della strategia di Lisbona datata 2000 e finalizzata a inquadrare l´occupazione femminile come volano per l´economia nazionale rimangono dunque assai lontani per l'Italia. Allora si converse sul principio che se la donna lavora entra più ricchezza in famiglia e, questo, a condizione che ci sia un sistema di servizi sociali adeguato. L'obiettivo era – ed è - raggiungere nel 2010 il 60 per cento di donne impiegate e noi, a due anni dalla scadenza siamo fermi al 46,3% contro una media europea che viaggia sul 57, 4%. Sotto il 50% ci sono Polonia e Grecia, mentre Slovacchia, Romania e Bulgaria viaggiano ben sopra il 50 per cento. Cipro addirittura ha già centrato l'obiettivo del 60% e la Slovenia , appena entrata nella UE, è al 61,8 per cento. La Danimarca mette tutti in fila con il 73,4%.
Persiste in Italia la questione meridionale: siamo fermi al 34,7 per cento e dal 1993 al 2006 le occupate sono cresciute di 1.469 mila unità nel centro nord e solo di 215 mila nel sud.

In generale v'è anche il problema del trattamento economico: alle donne spetta uno stipendio inferiore di un quarto di quello del collega maschio. I dati della Presidenza del Consiglio dicono che una dirigente guadagna il 26,3 per cento in meno di un collega maschio. Nel pubblico una donna, a parità di posizione professionale, non arriva ai tre quarti di uno stipendio di un uomo. Nel privato la situazione peggiora.
Per tornare ai posti “che contano” le cose vanno appena meglio nelle aziende sanitarie nazionali dove sono donne l´8 per cento dei direttori generali, il 9% dei direttori amministrativi e il 20 per cento dei direttori sanitari. In politica ministri e sottosegretari donna non superano il 20 per cento e le deputate solo il 17 per cento.

In un Paese come l´Italia, dove il tasso di occupazione femminile è il più basso d´Europa, giova ricordare come ogni giorno, compresa la domenica, una donna lavora, tra casa e ufficio, 7 ore e 26 minuti, un tempo superiore a molti paesi europei. E' evidente l'incidenza del lavoro domestico ancora e di gran lunga “scaricato” sulle donne.

 

 

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