La fotografia annuale della Corte dei Conti
Presentato il giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato 2006- 27/06/07

E' stato presentato oggi, 27 giugno 2007, il giudizio di parificazione del Rendiconto generale dello Stato per quel che concerne l'esercizio finanziario 2006. Pubblichiamo, di seguito, alcuni significativi stralci dalla Relazione del presidente della Corte dei Conti, Fulvio Balsamo, e dall'intervento del Procuratore Generale, Claudio De Rose (I titoli dei capitoli degli stralci dalla Relazione del presidente Balsamo sono stati da noi aggiunti per facilitare la lettura)

Stralci dalla Relazione del presidente della Corte dei Conti, Fulvio Balsamo

Pressione fiscale e controllo della spesa

(…) I favorevoli risultati conseguiti sul fronte dei saldi di finanza pubblica non consentono di esprimere un giudizio positivo sulle modalità attraverso le quali gli stessi sono stati conseguiti. Il miglioramento è, infatti, da attribuire per intero ad una impennata, né programmata né prevista, della pressione fiscale (passata dal 40,6 per cento del 2005 al 42,3 del 2006) e ad un ulteriore inopportuno contenimento delle spese in conto capitale, misurate al netto di poste straordinarie, e in particolare degli investimenti pubblici. L'incidenza sul Pil della spesa corrente al netto degli interessi ha, invece, raggiunto il 40 per cento, con un continuo aumento a partire dal 2000. (…) Permangono, pertanto, le ragioni della preoccupazione già espressa dalla Corte nella relazione dello scorso anno, nella quale si rilevava la persistente difficoltà di controllo della spesa corrente primaria nelle grandi categorie “a rischio” (pubblico impiego, pensioni e spesa sanitaria). L'elevato livello del debito pubblico richiederebbe, dunque, una attenta riconsiderazione delle cause degli insuccessi degli anni trascorsi in tema di controllo della spesa e l'assunzione di decisioni più incisive, in mancanza delle quali si prospetta uno scenario di mantenimento della pressione fiscale su valori difficilmente tollerabili sul piano sociale e causa di effetti distorsivi sul piano economico.

Utilizzo extragettito

(…) Di quanto avvenuto nel 2006 occorrerà conservare piena consapevolezza in sede di quantificazione dell'extra-gettito del 2007. Così come sarà necessario tenere anche conto che la dimensione dell'importo delle maggiori entrate è fortemente amplificata dai livelli prudenziali delle previsioni di entrata per il 2007, formulate ben prima che si conoscessero i risultati molto positivi del rendiconto 2006. Nonostante i più recenti risultati ottenuti in materia di entrate, resta tuttavia molto difficile l'accertamento del grado di permanenza del maggiore gettito derivante dalla lotta all'evasione. Di conseguenza, sembra alla Corte che debbano essere escluse forme di copertura di maggiori spese basate su stime di risorse di dubbia affidabilità. E ciò soprattutto in corso d'anno.

Finanziamento delle Amministrazioni dello Stato e locali

(…) Per quanto attiene all'Amministrazione dello Stato, i Ministeri, previsti in dodici dal decreto legislativo n. 300 del 1999, sono lievitati a quattordici con il decreto legge n. 217 del 2001 ed aumentati a diciotto con il decreto legge n. 181 del 2006. Sull'assetto organizzativo delle Amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, incidono – da ultimo – le norme contenute nella Legge finanziaria per il 2007 che prevedono contrazioni di uffici e riduzioni di personale. La Corte conviene che sia necessario e utile adottare misure intese a ridurre strutture ed organici esuberanti, nell'intento di limitare le relative spese e porre ordine nei conti pubblici; e ciò specie nel momento in cui, con la concentrazione della maggior parte delle funzioni amministrative negli Enti locali, le Amministrazioni dello Stato sono destinate ad essere ridimensionate. Ritiene peraltro che tutto ciò debba avvenire nel contesto di un'azione programmata e definita, per evitare sprechi di risorse connessi a soluzioni organizzative occasionali e non definitive.

Anche per la finanza locale si confermano le difficoltà di contenimento della spesa corrente: il conto consolidato delle Amministrazioni locali registra, infatti, per il 2006 un incremento di quasi il 5 per cento (contro il 3,7 per cento del totale delle Amministrazioni pubbliche). Particolarmente rapida risulta la crescita delle spese correnti delle Regioni (quasi l'8 per cento) e delle Province (5 per cento), mentre le Amministrazioni comunali hanno segnato un incremento inferiore (circa il 3 per cento). In tutte e tre i comparti (Regioni, Province e Comuni) un forte contributo all'espansione delle spese è da imputare alle retribuzioni lorde aumentate in media di poco meno del 7 per cento. (…)

Stralci dall'intervento del Procuratore Generale, Claudio De Rose.

Il dato dell'emergenza nella finanza pubblica e nelle pubbliche gestioni.

(…) La finanza pubblica e le pubbliche gestioni appaiono tuttora percorse da un diffuso stato di emergenza (…) Le pur ben meditate strategie di bilancio e di gestione non sono sin qui bastate ad assicurare né stabilità né crescita, cioè nessuna delle due condizioni di comune benessere cui tende il Patto vigente nell'area dell'euro. (…) E' vero, infatti, che i conti pubblici sono migliorati rispetto agli esercizi precedenti, in fatto di disavanzo e di indebitamento netto, ma questo risultato positivo ed inatteso nella sua entità si è verificato, per una parte non trascurabile, nel segno della straordinarietà delle drastiche misure di contenimento della spesa pubblica e per effetto di evenienze favorevoli impreviste e probabilmente irripetibili, quali la sopravvenienza di un maggior gettito tributario ed il conseguente formarsi di un accumulo di disponibilità attive. A loro volta, anche i dati delle pubbliche gestioni continuano ad essere contrassegnati dall'emergenza e dalla provvisorietà di misure e rimedi, e da condizioni di efficacia, di efficienza e di economicità mediamente precarie o inadeguate - nonostante un miglioramento pressoché generalizzato della dirigenza pubblica e dei supporti tecnici e amministrativi - mentre permane alto il tasso di illegalità, che si concreta in sperperi, sprechi ed illecite appropriazioni ai danni dell'Erario. Non desta meraviglia, dunque, che alle deficienze croniche si siano via via affiancate altre sacche di emergenza, quali quelle afferenti all'ambiente, ai rifiuti, alle riserve idriche, allo stato del territorio, all'ordine pubblico, all'istruzione che va scadendo pericolosamente, alla giustizia che rischia la paralisi, alle condanne della Corte di giustizia europea per infrazioni a norme comunitarie o per aiuti di Stato non consentiti, alla ricerca scientifica che resta sottodimensionata. E v'è perfino l'emergenza della ricerca a spese dello Stato degli Italiani che si avventurano all'estero in zone di guerra o di crisi.

Prospettive di superamento dell'emergenza.

Il superamento dell'emergenza implica un'inversione di tendenza, il che significa che, per poter parlare di successo delle strategie e di stabilità dei risultati conseguiti, occorrerebbe un'attenta revisione degli strumenti normativi, delle manovre finanziarie e dei moduli strutturali e gestionali in atto.

Le entrate pubbliche in generale.

Cominciando dall'emergenza finanziaria, per superare la precarietà e l'episodicità delle entrate e contare su flussi di gettito soddisfacenti si può pensare a varie misure, ma i Governi in genere pensano principalmente, se non unicamente, alle misure fiscali. Capita così molto spesso di dimenticarsi delle entrate diverse da quelle tributarie. Non sempre, ad esempio, ci si ricorda del reddito che possono dare il demanio pubblico ed i patrimoni pubblici. (…) Ma c'è di più: chi ha detto che le società pubbliche, cioè quelle con partecipazione di capitale pubblico non debbano dare mai profitti? O, ancora, chi può affermare che sia fisiologico che esse stiano in perdita o addirittura sull'orlo del fallimento o della cessione con l'acqua alla gola, come in taluni attualissimi casi? Ed è proprio così azzardato od utopistico sperare che questi modernissimi modi di essere dell'organizzazione pubblica diano lauti profitti ed ottimi dividendi per il socio pubblico, non diversamente da quanto accade per l'imprenditoria privata? La risposta naturalmente non può che essere nel senso della tendenzialità al profitto almeno delle società pubbliche aventi finalità economiche e certamente di quelle quotate in borsa, tenuto conto degli elevatissimi compensi percepiti dai loro managers. Se così non fosse, come spiegare - ciononostante - il loro estesissimo proliferare, a livello di Stato e di Autonomie locali? E come spiegare quei compensi? Se non ci fosse risposta a queste domande, anche a non voler seguire tesi preconcette sulle finalità non strettamente aziendali quanto piuttosto clientelistiche ed extra ordinem delle società pubbliche, ci sarebbe ugualmente da chiedersi perché mai gli enti pubblici ne sottoscrivano in tutto o in parte il capitale e siano pronti a ripianarne le perdite, con aggravi notevolissimi per la finanza pubblica e nuovi motivi di emergenza per la stessa. Non può dunque dirsi a priori che le entrate tributarie siano le uniche su cui possano contare con un minimo di continuità e di certezza le pubbliche amministrazioni ed i pubblici enti. (…)

Le entrate tributarie.

Passando alle entrate tributarie, nessun dubbio sulla loro attitudine a produrre gettito con continuità. Tuttavia, non v'è al momento attuale alcuna certezza che, a fini di maggior gettito, sia praticabile l'inasprimento della pressione fiscale, la quale dal 40,6 per cento del PIL nel 2005 è salita al 42,3 per cento nel 2006, per cui è già prossima ai livelli massimi degli anni novanta e superiore dello 0,6 per cento a quella media dell'area dell'euro (fonte Banca d'Italia). D'altro canto, la manovra tributaria non può ignorare i livelli della contribuzione previdenziale, con la quale forma il c.d. “cuneo fiscale”, che grava pesantemente sulle imprese e sulla loro propensione alla crescita. Esso nel 2006 è stato pari al 45,2 per cento del PIL (al netto dell'IRAP) e quindi inferiore alla Francia (50,2%) e alla Germania (52,5%), la quale, peraltro, ha annunziato una forte riduzione dell'aliquota sui redditi societari, ma, nettamente superiore alla Spagna (39,1%) e al Regno Unito (33,9%), oltre che alla media dell'area dell'euro (43,0%). (…)

Il contenimento della spesa corrente.

Il contenimento della spesa pubblica è indubbiamente una pratica di buon governo, se e quando sia finalizzato all'attuazione di strategie di riordino degli apparati, degli uffici e dei servizi nel medio e lungo periodo, mentre resta un provvedimento di emergenza se dettato da esigenze straordinarie di riduzione del fabbisogno. Molto spesso, infatti, il contenimento della spesa si tramuta in ulteriore indebitamento, e quindi in ulteriore emergenza, a causa dell'impossibilità di rinunciare o di rinviare una notevole parte delle spese oggetto dei tagli, il che dà luogo o ad empiriche integrazioni degli stanziamenti o, come più spesso accade, a riconoscimenti di debito con aggravi di interessi e spese. (…) Un'altra esigenza, di cui i tagli dovrebbero tener conto, è costituita dalle spese della giustizia e dell'ordine pubblico, che, a parte le dovute cautele di chi le gestisce, non dovrebbero essere assoggettate a riduzioni indiscriminate che disarmano lo Stato e paradossalmente favoriscono la corruzione e il malaffare. In definitiva, può anche convenirsi sul fatto che la spesa corrente presenta ancora margini di riduzione, soprattutto quella relativa ai c.d. consumi intermedi, ma questi margini andrebbero scandagliati con prudenza, secondo un disegno programmatico e d'intesa con le Amministrazioni e Istituzioni interessate.

La riduzione dei costi della politica

In tema di tagli di spesa si parla anche di riduzione dei costi della politica. In realtà non sempre è possibile distinguere tra costi dell'amministrazione e costi della politica. Si suole distinguere tra spese proprie della politica, che essa in un certo senso impone alla pubblica amministrazione, e spese improprie, che discendono dalle direttive d'indirizzo politico all'azione amministrativa e che restano nella sfera dell'Amministrazione interessata. Secondo quest'ultima tesi, soltanto le spese proprie corrisponderebbero ai costi della politica, ma detto tipo di spese è di difficile individuazione. Norme di questo tipo potrebbero essere considerate quelle contenute nella finanziaria per il 2007, in tema di contenimento dei compensi agli amministratori ed ai collaboratori delle società a partecipazione pubblica, ma sostanzialmente si tratta pur sempre di spese di pubblici apparati. Sembrerebbe perciò opportuno attendere il preannunciato disegno di legge, che sarebbe rivolto ad attuare in tempi brevi principi di conoscibilità, trasparenza ed etica della gestione (in particolare di quelle delle amministrazioni elettive regionali e locali), a ridurre la moltiplicazione delle cariche negli enti locali e revisionarne gli organici, a contenere al massimo le consulenze, a intervenire sui costi delle campagne elettorali nonché a sopprimere gli enti inutili e a porre un freno al proliferare delle società pubbliche anche a capitale misto.

Le spese d'investimento pubblico.

La spesa in conto capitale del settore statale si è ulteriormente ridotta
(-4,4% nel 2006 rispetto a –2,9% del 2005), a conferma che gli investimenti pubblici segnano il passo. (…)

L'organizzazione della Pubblica Amministrazione e la spesa del personale.

Il riordino dei Ministeri costituisce una sfida interessante, ancora in corso, per cui si potrà esprimere un giudizio sullo stesso, solo dopo che sarà completato: si vedrà quanto in modernità e funzionalità avranno guadagnato i Ministeri. Anche per l'Agenzia della formazione, prevista dalla legge finanziaria per il 2007, occorre attendere il regolamento di attuazione per verificare il punto di equilibrio tra la concentrazione dell'assetto organizzativo voluta dal legislatore e le capacità di risposta che la nuova istituzione sarà in grado di dare alle diversificate esigenze formative presenti nei diversi comparti dell'Amministrazione. Quanto alla spesa del personale pubblico (che nel 2006 si è incrementata dei nuovi CC.LL. della dirigenza, siglati a fine esercizio), la massa di norme intesa alla riduzione della stessa per il 2007 dovrebbe sortire i suoi effetti, anche nei riguardi degli enti territoriali, ma c'è sempre il quid derogatorio, come l'aumento dello staff di collaborazione dei Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari, che potrebbe rendere meno omogeneo il risultato, fermi restando il blocco delle assunzioni ed il contenimento delle forme flessibili di personale temporaneo.

Le emergenze gestionali.

Dopo quelle finanziarie vengono in rilievo le emergenze gestionali. Sin dalla costituzione della prima struttura per la gestione delle emergenze, il Servizio nazionale di protezione civile venne inteso come un generalizzato potere di deroga, anche in caso di emergenza non così fatalmente grave ed imminente da non poter essere fronteggiata con i mezzi dell'amministrazione ordinaria. (…) La tipologia degli interventi è ampia e variegata, a cominciare dagli eventi alluvionali, in relazione ai quali stupisce constatare che ogni anno eventi meteorologici ricorrenti determinano situazioni di emergenza, il cui superamento richiede tempi molto lunghi, come nel caso della Campania, che, a distanza di circa dieci anni, ancora non trova soluzione. Gravi sono anche per assenza di previsioni e di interventi preventivi i dissesti idrogeologici, cui di sovente si accompagnano movimenti franosi, ponendo in evidenza deficit strutturali di progettazione e carenti nozioni geognostiche. Particolare attenzione merita l'emergenza rifiuti (…): una spesa totale di 1,8 miliardi di euro, il 21% dei quali per stipendi e funzionamento delle sedi; impianti in buona parte non realizzati; disfunzioni e sprechi; mancanza di campagne di sensibilizzazione ed educazione ambientale; infiltrazioni malavitose come conseguenza dell'affidamento di lavori ad imprese spesso non competitive e inefficienti. (…)

Ulteriori caratteristiche del complesso fenomeno sono:

•  raccordi tra imprenditoria deviata e burocrazia corrotta per lo smaltimento selvaggio dei rifiuti senza preoccuparsi delle conseguenze deleterie per l'ambiente, con illecito vantaggio sulle imprese corrette per le quali lo smaltimento dei rifiuti costituisce un elemento di costo;

•  enti pubblici che, per assicurare ai propri cittadini l'eliminazione dei rifiuti, non vanno troppo per il sottile in fatto di appalti e di tutela dell'ambiente, con vantaggio per imprese che provengono dal nulla, senza storia, senza mezzi, senza professionalità e che presentano offerte governate da accordi preconfezionati;

•  regia occulta delle proteste popolari contro impianti o progetti di impianti per porre in risalto, puntualmente, ad ogni piano ad ogni proposta di soluzione di gestione integrata del rifiuto, la questione della scelta del sito della discarica, dell'inceneritore termovalorizzatore, dell'impianto di compostaggio, che anima la resistenza locale e vanifica la pianificazione su vasta scala;

•  un coinvolgimento politico intuibile, ma di difficile identificazione.

Per i profili di illecito erariale, le Procure regionali competenti hanno in corso le relative istruttorie.

La corruzione nei pubblici apparati.

Nella tematica tortuosa della gestione delle emergenze e di quella dei rifiuti in particolare, la corruzione nei pubblici apparati ha un ruolo determinante, ma, rispetto al resto dell'Italia, è pur sempre un momento, ancorché significativo, di un fenomeno generalizzato e diffuso, che meriterebbe forse più articolata attenzione. Va dato atto, comunque, all'Alto Commissariato per la corruzione di aver avviato un importante discorso sul tema, approfondendo i profili di illegalità, la sua diffusione, e le manifestazioni del fenomeno a livello internazionale, in virtù della dinamica della crescita economica e dei suoi processi di globalizzazione, dai quali non restano estranei gli interessi politici.

Irregolarità e frodi nell'utilizzo dei fondi comunitari.

Permangono, nei settori di erogazione dei fondi comunitari, rilevanti fattispecie di irregolarità e frodi e situazioni di criticità con riguardo al recupero di risorse corrisposte indebitamente per le quali, nell'ambito delle misure di prevenzione e contrasto sviluppate in sede comunitaria e nazionale, deve annoverarsi anche la configurabilità di ipotesi di danno all'Erario nazionale e comunitario. Si richiamano al riguardo le “rettifiche” cioè i recuperi forzosi che la Commissione ha inflitto al nostro Paese il 28 aprile 2006 (85 milioni di euro) ed il 3 ottobre 2006 (317,3 milioni di euro), per omessa applicazione o carenze nei controlli relativi ad erogazioni effettuate e non andate a buon fine a causa di procedure scorrette o di malversazioni e truffe. I recuperi in questione - altri sono all'esame della Commissione - si concretano in un duplice danno per l'Erario: da un lato, il venir meno del cofinanziamento comunitario per interventi già programmati e per i quali v'è stata esposizione di spesa da parte delle nostre amministrazioni per la parte di loro competenza e, dall'altro, la minore disponibilità di importi comunitari per i nuovi interventi programmati. Opportuna, a tale riguardo, la disposizione del comma 1215 della legge finanziaria 2007, che prevede la potestà dello Stato di rivalersi sugli altri enti dell'importo delle suddette regolazioni finanziarie (o rettifiche) a carico dell'Italia da parte della Commissione, qualora le stesse siano imputabili agli enti medesimi. (…)

 

 

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