Il reddito dei lavoratori italiani in coda all'Europa.
Uno studio Eurispes su dati ISTAT, EUROSTAT e OCSE

I redditi dei lavoratori italiani continuano a stentare non solo nel raffronto con i Paesi più industrializzati ma anche all'interno dell'Unione Europea.

E' quanto emerge dallo studio condotto da Eurispes-Studio sulle elaborazioni Eurostat ed Ocse dei dati forniti dagli istituti statistici nazionali sul livello dei salari in Europa e reso noto nel marzo 2007.

Puntando l'obiettivo sul quinquennio 2000-2005, ad una crescita media del salario comunitario del 18% il nostro Paese fa da contro altare (lavoratori dell'industria e dei servizi con esclusione della Pubblica amministrazione) con un aumento del 13,7%. Peggio di noi solo Germania e Svezia ma non si caschi nell'inganno: in questi Paesi i livelli retributivi sono ben al di sopra di quelli italiani. Spicca, invece, la particolare crescita di Gran Bretagna, Norvegia, Olanda e Finlandia, che hanno registrato, nel quinquennio in esame, un'impennata superiore al 20%.

Saranno “felici” le imprese, se è vero che in Italia il costo medio in euro per ora di lavoro, calcolato sui dati forniti da Eurostat, è inferiore a quello di tutti i paesi europei ad eccezione della Spagna, della Grecia e del Portogallo. Ai 9,5 euro all'ora del Portogallo si contrappone una dinamica certamente più dignitosa in Danimarca e Svezia, 30,7 e 30,4 euro per ora.

Stesso discorso, per quanto concerne il nostro Paese se si guarda unicamente al “peso” lordo dei salari. Sempre quart'ultimi in Europa ma con un'aggravante. Nel raffronto con la “regina” del costo del lavoro, la Danimarca al -30,6% in termini lordi corrisponde, in realtà un dato ancorché peggiorativo per i nostri lavoratori: solo il 52% di quanto percepito al netto dai danesi entra nelle loro tasche e ciò a causa dei nostri più gravosi oneri sociali . Fa ancor più riflettere il caso britannico, dove da un costo del lavoro superiore del 16% a quello italiano e, quindi distante anche da quello danese, si arriva al terzo miglior salario medio d'Europa, superiore dell'80% a quello italiano.

Analizzando il rapporto europeo a livello di cuneo fiscale la situazione italiana continua a mostrare tutta la sua fragilità. Il cuneo fiscale italiano, comprensivo dei contributi, delle assicurazioni e delle imposte dirette, che si inserisce fra il costo del lavoro ed il “netto” in busta del lavoratore, è fra i più gravosi, tanto più punitivo in quanto, come abbiamo visto, la base di partenza (ossia il salario lordo) è molto al di sotto della media europea e poco più della metà di quello dei tedeschi, degli inglesi e dei danesi.

Sottraendo, infine, il cuneo fiscale complessivo, comprensivo cioè dei contributi e delle assicurazioni sociali e delle imposte dirette, dal costo del lavoro otteniamo il reddito salariale netto del lavoratore dipendente del settore privato nei diversi paesi europei (industria e servizi). Qui siamo addirittura penultimi nel 2006, peggio solo le retribuzioni portoghesi, mentre eravamo terzultimi con un lievissimo scarto dalla Spagna quartultima nel 2004 e 2005. La causa è in una crescita dei salari italiani (+4,1) che non ha tenuto il passo di quella media europea (+15%) e ben lontana dalle punte di oltre il 30% in Gran Bretagna e in Grecia.

Il potere d'acquisto reale dei lavoratori italiani ha accusato sensibilmente un'inflazione che dal 2002 ad oggi si è lasciata evidentemente alle spalle la minima crescita dei sal ari lordi calcolati in euro.

 

 

Indietro Home