Inflazione dura per le famiglie più povere, ma l'Euro non c'enta.
l'ultimo indice Istat scagiona il passaggio alla moneta unica - 22-02-07

Il 2006 ha messo a dura prova le famiglie con i redditi più bassi. E' quanto emerge dall'ultima analisi dell'ISTAT, resa nota ieri 20 febbraio 2007, circa il costo della vita per le fasce sociali più deboli. L'anno scorso l'aumento effettivo del costo della vita per i ceti meno abbienti è stato pari al 2,85% contro il 2,5% della media generale.

I calcoli dell'Istat definiscono quattro tipologie di fasce sociali più esposte:

• le famiglie che vivono in affitto o subaffitto;

• quelle di pensionati;

• le famiglie con basso livello di spesa per consumi;

• le famiglie di pensionati (ovvero senza occupati) con basso livello di spesa per consumi.

Le famiglie in affitto sono 4,3 milioni su un totale di 23,2 e negli ultimi anni hanno subito forti rialzi dei canoni di locazione. Secondo quanto illustrato dall'ISTAT, l'onere di tali rincari sarebbe stato compensato negli ultimi 5 anni da altre voci, così da determinare un quadro di sostanziale pareggio tra gli indici di queste famiglie e quelli medi.
La differenza emerge chiaramente per i più poveri. La tipologia di popolazione con minore capacità di spesa ha subito un aumento del costo della vita più alto di 0,35 punti rispetto al 2,5% medio calcolato su tutti i consumi delle famiglie. Tale incidenza è stata significativa soprattutto in considerazione del fatto che in alcune fasi, ad esempio ad agosto, il caropetrolio ha innescato un incremento del 3,5% rispetto a dodici mesi precedenti. E per l'ISTAT la causa di quanto registrato nel 2006 è proprio da attribuire al petrolio e alle voci collegate come elettricità e riscaldamento.

Da segnalare anche la scarsa, quasi nulla, rilevanza, per l'ISTAT, del cosiddetto effetto EURO. Nell'anno del passaggio alla moneta europea, il 2002, l'analisi non lascia infatti emergere sostanziali differenze per il costo della vita relativo alle fasce sociali prese in esame. Gli aumenti registrati per bar, ristorazione, alberghi, generi alimentari, abbigliamento, sono stati graduali, compensati da rientri o, addirittura non inesistenti.

Problemi originati da cause “tutte nostre”, dunque, per un'economia immobile che non poteva che generare sofferenza sui redditi, ma niente a che fare con l'EURO.

 
 

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