Una società di "sempre giovani", ma che non vede un gran futuro
I risultati della 12° indagine dell'Osservatorio sul capitale sociale degli italiani - 23-01-07

Una società che guarda al mito cinematografico degli Highlander, questi sono gli italiani secondo la 12° indagine dell'Osservatorio sul Capitale sociale degli italiani curata da Demos - COOP, che ha approfondito il significato della giovinezza. Gli italiani tendono a definirsi giovani anche quando sono adulti, e adulti anche quando sono anziani. Vecchiaia è un termine tabù. Nel dettaglio solo la metà, il 54%, di chi ha più di 64 anni si definisce anziano. Il 41% si dice adulto. Quattro su dieci tra coloro che hanno tra 35 e 44 anni si ritengono giovani. Demos-Coop ha chiesto agli italiani a che età si diventa adulti. Il dato medio indicato è 35 anni. Ma tanto più si è avanti con gli anni tanto più questa età di passaggio aumenta: per i giovanissimi, tra i 15 e i 17 anni, si diventa adulti a 26 anni, per i ventenni a 30, per i quarantenni e cinquantenni a 36 anni, per i più anziani a 40 anni.
Tuttavia non c'è solo la questione di età, ma alcune tappe della vita: la fine degli studi, trovare un lavoro stabile, vivere in una casa diversa da quella dei genitori, sposarsi o convivere, avere dei figli. Tutti passaggi che in Italia avvengono sempre più in là nel tempo. L'avvento di un figlio, 31%, e un lavoro stabile, 26%, sono i due passaggi che gli italiani più associano al diventare adulti. Ci sono, poi, ulteriori sfumature: per i giovani si diventa adulti anzitutto attraverso la conclusione degli studi e andando a vivere fuori dalla casa dei genitori, i trentenni guardano alla maternità e alla paternità, i più anziani al lavoro stabile e al matrimonio. Il 36% delle ragazze tra 18 e 34 anni danno più importanza all'uscire di casa e alla maternità, mentre il 22% dei loro coetanei ad un lavoro e ad un'unione stabile.

Tra il 41 ed il 47% coloro che ritengono fondamentale il ruolo dei giovani nella società e che questa generazione dovrebbe avere più spazio nelle posizioni di responsabilità. A sostenerlo, però, sono più coloro che sono in là con gli anni che i diretti interessati. Nel rapporto con le generazioni passate, la gioventù di oggi è vista come più viziata per il 95% degli italiani, ma con meno certezze, 75%. Il 45% vede il futuro dei giovani peggiore, sotto il profilo della posizione sociale ed economica, rispetto alle opportunità avute dai loro genitori.
Per concludere: religione e politica contano meno per i giovani; lavoro, amore e figli pesano di più nelle prospettive degli adulti e degli anziani.
 

 

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