Nobel a Muhammed Yanus: banchiere dei poveri

Sintesi dell'intervento alla cerimonia di consegna del Nobel - 12-12-06

Io banchiere che scommette sui poveri

Conferendomi questo pre­ mio, il comitato norvege­ se del Nobel da forza al­ l'idea che la lotta per la pace sia inestricabilmente legata a quel­ la contro la povertà. La pover­ tà è una minaccia alla pace.

Il nuovo millennio è comin­ ciato con un grande sogno glo­ bale: i leader del mondo si so­ no riuniti presso la sede delle Nazioni Unite nel 2000 e si so­ no dati l'obiettivo di ridurre la povertà del 50% entro il 2015. Un simile obiettivo non era mai stato fissato nel corso del­ la storia dal mondo intero, uni­ to a parlare con una sola voce. Ma poi sono arrivati l'11 set­ tembre e la guerra in Iraq e l'attenzione dei leader mon­ diali è stata deviata dalla guer­ ra alla povertà alla guerra al terrorismo.

Finora più di 530 miliardi di dol lari sono stati spesi a questo scopo dai soli Stati Uniti.

Credo che il terrorismo non | possa essere sconfitto unica­ mente con l'azione militare. Ritengo che destinare risorse al miglioramento della vita dei poveri sia una strategia migliore che spendere soldi in cannoni. La pace è minacciata da un ordine economico, so­ciale e politico ingiusto, dall'assenza di democrazia, dalla degradazione dell'am­ biente e dall'assenza di diritti umani.

La povertà è assenza di tutti i diritti umani. La frustrazione, l'ostilità e la rab­ bia suscitate dalla povertà estrema non possono essere fondamenta di pace in al­ cuna società. Per realizzare una stabile pace dobbiamo trovare la maniera di for­ nire opportunità di vita decente. La crea­ zione di opportunità per la maggior parte della gente - i poveri - sta al cuore del la­ voro a cui mi sono dedicato negli ultimi 30 anni.

Nel problema della povertà non sono stato coinvolto come politico né come ri­ cercatore, ma perché la povertà era in torno a me e io non potevo voltare la te sta di fronte a essa. Nel 1974 trovai diffici le insegnare eleganti teorie economiche nelle aule universitarie mentre infuriava la terrìbile carestia del Bangla Desh. Al l'improvviso sentii la vacuità delle teorie a fronte della fame e della povertà cre­ scenti. Volevo fare qualcosa di immedia­to per aiutare la gente attorno a me. Que­ sto mi portò a confrontarmi faccia a fac­cia con la lotta dei poveri per racimolare minime quantità di denaro con cui tirare a campare. Fui sconvolto nello scoprire una donna che prendeva in prestito me­ no di un dollaro dallo strozzino del villag­ gio e che lui ponesse la condizione di com­ prare a un prezzo da lui stesso stabilito tutto quello che lei fosse riuscita a pro­ durre. Una forma di schiavitù.

Feci una lista delle vittime dello stroz­ zino in questo villaggio vicino all'universi­ tà: ne trovai 42 che avevano preso in pre­ stito un totale di 27 dollari. Offrii di tasca mia 27 dollari a queste vittime. L'entusia­ smo che creò fra questa gente la mia pic­ cola iniziativa mi portò a farmi coinvolge­ re ancora di più. Se potevo far felice la gente con una somma di denaro così pic­ cola, perché non insistere?

È quello che ho fatto da allora in poi. La prima cosa che tentai fu di convincere la banca che aveva uno sportello nel campus a prestare soldi ai poveri. Ma non fun­ zionò. La banca mi disse che i poveri non erano debitori affidabili. Allora mi propo­ si come garante dei prestiti ai poveri e il risultato fu strabiliante: i poveri ripaga­ vano ogni volta i loro debiti puntualmen­ te! Eppure continuavo a incontrare diffi­coltà a espandere il programma di credito con le banche esistenti. Allora mi pro posi di creare una apposita banca per i poveri e finalmente nel 1983 riuscii a rea­ lizzare il mio progetto.

Sono convinto che si possa creare un mondo senza povertà perché la povertà non è creata dai poveri. E creata e soste nuta dal sistema economico e sociale che abbiamo realizzato per noi stessi, dalle istituzioni e dalle concezioni che ne stanno alla base, dalle politiche che per seguiamo.

Credo fermamente che possiamo cre­ are un mondo libero dalla povertà se ci crediamo collettivamente. In un mondo del genere l'unico posto in cui si potreb­ be ancora vedere la povertà sarebbe un apposito Museo della Povertà. Quando i bambini andranno in visita scolastica al Museo della Povertà saranno inorriditi dalla miseria e dalla mancanza di digni­ tà che tanti esseri umani hanno dovuto sopportare. E malediranno i loro prede­ cessori per aver tollerato tali condizioni inumane, esistite così a lungo per così tante persone.

 

 

 

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