RAPPORTO EURISPES 2006

I CITTADINI SI LAMENTANO MA AMANO VIVERE IN ITALIA

Un Paese che non riesce a trasformare la propria potenza in energia. Un Paese dalle grandi risorse e dalle grandi potenzialita', che non riesce a esprimere e ad affermare un progetto di crescita e di sviluppo, che non riesce a individuare un percorso originale al quale affidare il proprio futuro, afflitto dalla difficolta' di attuare una ''aristotelica trasformazione della potenza in atto''. Questa la fotografia che emerge dal Rapporto Italia 2006, che e' stato presentato stamani a Roma.

''Per quanto l'Italia di oggi possa essere criticata o sottovalutata - ha detto il presidente di Eurispes, Gian Maria Fara - non vi e' dubbio che si tratti di una nazione potente, una tra le prime dieci economie mondiali. Un Paese fortunato che ha ricevuto dalla storia un'incredibile dote, un patrimonio ineguagliabile di arte e di cultura, e dalla natura una concentrazione irripetibile di bellezze e di tesori''.

Si tratta quindi, fatto l'inventario di questo patrimonio, di ''passare dalla potenza all'atto, cioe' a quella fase di costruzione senza la quale, come ci insegna Aristotele, la potenza rimane fine a se stessa''. Come Mastro don Gesualdo, ossessionato dal mito della ''robba'' accumulata, l'Italia, secondo Fara, non riesce a dare un senso al suo patrimonio. Anche il calciatore Cassano, secondo il presidente di Eurispes, simboleggia efficacemente ''la deriva italica che conduce allo sciupio del talento, allo spreco delle risorse individuali e del tratto geniale''.

Il rapporto tratteggia un Paese con un problema di competitivita' irrisolto, una produttivita' in calo e un pil a crescita zero. Il potere d'acquisto delle famiglie e' sempre piu' ridotto, mentre l'inflazione continua la sua corsa al galoppo e aumentano le famiglie povere o a rischio poverta'. E l'opinione pubblica si mostra sempre piu' preoccupata, sottolinea l'Eurispes, rispetto ai temi dell'economia, dell'occupazione e del carovita. Cresce, allo stesso tempo, la sfiducia nelle istituzioni, dimostrata, secondo l'istituto, dal calo di consensi nei confronti del capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi.

''La via d'uscita dalla crisi - ha spiegato Fara - e' legata alla riscoperta e alla valorizzazione delle peculiarita' e delle vere vocazioni del nostro Paese''. Bisogna quindi, secondo il presidente di Eurispes, passare da un sistema produttivo orientato alla produzione di beni di consumo individuali alla produzione di ''ben vivere collettivo''. Anche le donne, che nel rapporto vengono definite ''acrobate'' sempre piu' impegnate tra lavoro, cura e maternita', rappresentano una grande potenzialita' che l'Italia non riesce ancora a valorizzare completamente. E questo vale sia sul fronte dei servizi che della rappresentanza politica.

- 3 ITALIANI SU 4 SODDISFATTI DI VIVERE IN ITALIA

Si lamentano continuamente, ma in fondo agli italiani vivere in Italia non dispiace affatto: lo rende noto l'Eurispes, che nel suo Rapporto Italia 2006 ha inserito un sondaggio sul piacere di vivere in Italia. Oltre il 75% degli intervistati, infatti, si e' detto soddisfatto di vivere in Italia, e il 67,6% sostiene che vivere in questo Paese e ''una fortuna''. Il piacere di vivere nel Belpaese, pero', diminuisce con l'aumentare del livello di istruzione, e infatti il 71,9% dei cittadini felici e' in possesso della sola licenza elementare. Chi ha un livello di istruzione superiore, invece, e' piu' scontento. Quanto all'appartenenza politica, i piu' soddisfatti risultano essere gli elettori di centro, seguiti da quelli di destra e di centrodestra. I piu' critici, invece, quelli di centrosinistra. Rispetto alle professioni, in cima alla classifica dei contenti ci sono le casalinghe e gli studenti, seguiti dai liberi professionisti e i commercianti, quindi dai pensionati; i piu' insoddisfatti, invece, risultano essere gli operai e i non occupati.

Ma quali sono i motivi di tanta soddisfazione? Per un terzo del campione, sono le bellezze naturali del Paese, per il 31% la liberta' d'opinione e di espressione e per il 28,9% la tradizione artistico-culturale. Il 16,7% poi indica il clima piacevole, il 15,8% il benessere economico e il 14,3% la buona cucina. Tutta questa soddisfazione si traduce nel fatto che solo il 37,8% degli intervistati e' disposto a trasferirsi all'estero, le donne meno degli uomini, i giovani piu' degli anziani. Quelli che andrebbero a vivere altrove, sceglierebbero soprattutto la Spagna, seguita dalla Francia e dall'Inghilterra.

- ITALIA AL TOP PER BENI CULTURALI, MA SPENDE POCO

ROMA - Il nostro patrimonio di beni culturali? Per l'Unesco e' di gran lunga il piu' consistente del mondo e gia' negli anni Novanta, pur in assenza di un definitivo censimento, era stato valutato intorno al milione di miliardi di lire. Eppure, quando si tratta di spendere per tutelare, restaurare, valorizzare, recediamo in posizioni da fanalino di coda. Con l'investimento per la cultura bloccato allo 0,16% del Pil, contro lo 0,35% - tanto per fare un esempio - della vicina Spagna. Anche se la cultura italiana piace. E ogni anno di piu' fa la parte del leone con i turisti nostrani e stranieri.

L'immagine non e' nuova. I dati, pubblicati nell'ultimo rapporto Eurispes, confermano un quadro della realta' i cui contorni sono gia' noti da tempo. Punto di forza, citta' d'arte - anche i centri minori - e il turismo culturale che costituisce il motivo predominante della vacanza, riporta la ricerca, ''in 24 fra i piu' importanti mercati dell'incoming verso il nostro Paese''. Tanto che e' proprio la cultura a muovere l'80% dei turisti che arrivano da Usa, Spagna, e Portogallo, l'85% dei giapponesi, il 52% degli svizzeri francesi, il 60% degli olandesi, il 40% dei belgi e dei lussenmburghesi; il 60% degli scandinavi; il 70% degli indiani.

Quanto a musei e siti archeologici, tra il 2000 e il 2004 i visitatori sono passati da 30 a 32 milioni, segnala l'Eurispes, ma e' vero anche che in questo stesso arco di tempo sono aumentati di quasi 2 milioni gli ingressi gratuiti. Aumentano comunque gli introiti complessivi realizzati da musei, monumenti e siti archeologici dello stato che nel 2004 ammontano a 90 milioni di euro, ben 13 di piu' rispetto al 2000. Resta il tasto dolente dei finanziamenti pubblici, che la finanziaria 2005 ha tagliato di 20 milioni di euro pur autorizzando un contributo annuo di 4 milioni di euro per 15 anni per ''interventi di restauro e sicurezza di musei, archivi e biblioteche di carattere storico, artistico e culturale, nonche' per gli interventi di restauro della Domus Aurea'' .

Secondo l'Unesco, riporta l'Eurispes, l'Italia possiede il 60- 70% dei beni mondiali. Ma i dati, riportano i ricercatori, evidenziano che l'Italia ''destina al settore culturale lo 0,16% del Pil al pari della Francia dove pero' la cifra e' molto piu' consistente per via della maggiore entita' del pil''. Il confronto con gli altri paesi europei e' presto fatto: ai Beni e alle attivita' culturali ''la Spagna destina lo 0,35% e la Germania addirittura lo 0,39% della spesa pubblica'' .

- IN 30 ANNI DIMEZZATA la SPESA PER PRODOTTI ALIMENTARI

ROMA - Dimezzate negli ultimi trenta anni in Italia le scelte di acquisto per prodotti alimentari e bevande analcoliche che passano dal 30% della spesa totale del 1974 al 15% circa del totale dei consumi nel 2003. Al carrello della spesa gli italiani, soprattutto coppie giovani senza figli e single con meno di 35 anni, preferiscono le offerte culturali e l'intrattenimento. A evidenziare la ''il vistoso calo della spesa per la tavola e la crescente propensione alla diversificazione dei consumi'' e' l'Eurispes che, nel Rapporto 2006 presentato oggi, conferma la ''solidita' della cultura piu' conviviale ed edonistica del cibo'' rispetto ai Paesi dell'Europa occidentale.

La riprova del radicato simbolismo e valore emotivo attribuito dai connazionali al nutrimento sta nel fatto che il ''dato italiano della spesa alimentare risulta ancora uno dei piu' elevati in Europa, superato solo da quello di altri Paesi Mediterranei quali Portogallo, Grecia e Spagna. Mentre l'incidenza piu' bassa si rileva negli Stati Uniti (7%), in Gran Bretagna (9,7%) e in altri Paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Finlandia e Svezia)''. Nel Belpaese fanno ancora scorte di cibo, con consumi sopra la media nazionale, le persone sole con piu' di 64 anni, le coppie anziane senza figli e i nuclei familiari con tre o piu' figli. In valore assoluto, la spesa alimentare sale dai 267 euro per le persone sole ultrasessantaquattrenni ai 649 euro delle coppie con 3 o piu' figli.

In controtendenza sono i consumi alimentari extradomestici che negli ultimi 30 anni sono notevolmente aumentati: dal 21,2% del totale della spesa alimentare nel 1974 fino a rappresentare il 31,8% nel 2003, per un valore assoluto stimato in circa 54 miliardi. La diffusione del lavoro autonomo e del pendolarismo, oltre all'orario continuato, spingono oltre il 5% degli italiani a pranzare al ristorante o in trattoria dove pero' diminuisce il numero delle pietanze ordinate a vantaggio della combinazione antipasto-pietanza, della pizza o di uno dei 500 prodotti vegetariani in commercio, scelti nel 70% dei casi da donne, soprattutto di eta' compresa tra i 25 e 54 anni e con un livello di istruzione medio alto.

La domanda di genuinita' e tipicita' emergente tra i consumatori viene riconosciuta come ''strategica'' nella distribuzione moderna. Ma la selezione dei fornitori operata dalla grande distribuzione organizzata (Gdo) segue criteri di destagionalizzazione dell'offerta, certezza nelle consegne e ampiezza della gamma dei prodotti per fidelizzare la clientela all'insegna del supermarket e al punto vendita. Le aziende alimentari hanno progressivamente perso potere contrattuale, finendo con l'essere relegate ad un ruolo di produttore per conto del distributore piuttosto che di fornitore, in una selezione che rischia di escludere i piccoli produttori e rendere difficile la valorizzazione delle tipicita'.

- Famiglia: sempre più debiti per far fronte a bisogni primari

Le famiglie italiane hanno sperimentato nel corso del 2005 una rilevante riduzione del proprio potere d'acquisto, un fenomeno che si protrae ormai dal 2001. Lo rileva il Rapporto annuale dell'Eurispes. Infatti, vi si legge, sul fronte dei consumi familiari in soli dodici mesi il credito al consumo ha avuto una crescita del 23,4%, pari a quasi 47 miliardi di euro, nel 2005 e accentuando una tendenza già manifestata negli anni passati.

Se, da una parte, si è registrata un'impennata dell'indebitamento delle famiglie italiane, dall'altra, non si è riscontrata una altrettanto visibile crescita dei consumi pro capite che hanno segnato, nell'ultimo biennio, incrementi modesti dell'ordine dell'1% annuo.

Nel nostro Paese le famiglie ricorrono al credito soprattutto per far fronte ai bisogni essenziali (cure mediche e specialistiche, automobili, elettrodomestici, servizi per la casa, ecc.), piuttosto che per acquistare beni e servizi voluttuari quali, ad esempio, viaggi e vacanze.

Peraltro, si sta diffondendo sempre più la pratica di credito al consumo per l'acquisto di beni di prima necessità come quelli alimentari. L'indebitamento delle famiglie continuerà quindi a crescere non per alzare la quantità e la qualità ei consumi, ma per riuscire a mantenere il vecchio, dignitoso livello di vita.

Nel periodo 2001-2005 l'Eurispes ha calcolato una crescita complessiva dell'inflazione del 23,7% con una perdita di potere d'acquisto delle retribuzioni pari al 20,4% per gli impiegati, al 14,1% per gli operai, al 12,1% per i dirigenti e all'8,3% per i quadri.

- SALUTE: ITALIA SU ORLO CRISI DI NERVI, PSICHE BUSINESS DA 4,9 MLD

L'Eurispes stima in 4,9 miliardi di euro il giro d'affari del mercato della psiche. Se moltiplichiamo infatti il costo medio di una singola seduta (90 euro) per 20, ossia il numero medio di sedute previste per un ciclo di psicoterapia breve, otteniamo una spesa pro capite di 1.800 euro. Moltiplichiamo ora quest'ultimo valore per il numero degli italiani (2.700.000) che nel 2004 avrebbero avuto contatti con uno psicologo, ed otterremo un importo pari di 4.860 milioni di euro. L'immagine che ne risulta – rileva l'Istituto – è quella di una società altamente stressata e colpita da varie forme di malessere psicologico, che al tempo stesso, però, sta acquisendo una consapevolezza sempre maggiore delle proprie difficoltà e la capacità di affidarsi con fiducia crescente alle cure di un professionista.

 
 

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