L'assenza di progettualità politica: il vero nodo del Paese
di Gavino Deruda - Presidente nazionale Fitel - 09/01/06

Sembrerebbe che in Italia la politica sia considerata funzionale a sostenere una sorta di oligarchia ed a rimanere sterile rispetto ai veri problemi della gente, allontanandosi sempre più dal suo senso più nobile. Questo parrebbe riemergere dall'attualità; questo è emerso nel recente passato.

Il peso sempre crescente della finanza nell'era della globalizzazione, dove anche ai livelli dei piccoli risparmiatori si diffonde l'insaziabile ricerca di istantaneo profitto, ha prodotto effetti negativi sulla politica. Tanto più nel nostro Paese, dove il terreno appare più fertile per nesso tra facili guadagni, da una parte, e debito pubblico, assenza di concorrenza leale e reale, presenza quindi di settori protetti, alimentazione della fiamma della corruzione e una nemmeno troppo velata forma di egoismo trasversale, dall'altra.

Non intendo disquisire oltre sulle questioni che stanno monopolizzando l'attualità, togliendo inevitabilmente spazio ai problemi cronici del Paese, ma tant'è: il negativo del mix tra affari e politica rappresenta l'attualità e toglie spazio ai grandi problemi e alle cose da fare. Questa premessa non per sminuire la gravità dei rigurgiti, o presunti tali, della Prima Repubblica, ma per puntare l'indice sul vero nodo che, a monte, impedisce all'Italia il rilancio e il decollo verso uno stabile, duraturo, sostenibile, equo sviluppo: la totale assenza di progettualità politica.

Tutto è circoscritto ad effetti per pochi, tutto è "chiuso" rispetto alle potenzialità reali del Paese e l'alternativa stenta a venire fuori. Prospera solo l'Italia delle "caste", delle lobbies professionali, commerciali, economiche, e rispetto a tale iniquità occorre fare fronte comune, in modo trasversale, a partire dalle forze sociali, a dire il vero già attente e attive (basti pensare al recente documento proposto nella riunione degli stati generali del Mezzogiorno), per rompere la vena d'egoismo che permea la società medioalta, soprattutto alta, e frena le possibilità per i più, l'incontro delle diffuse opportunità che l'Italia offre.

L'annuale indagine di un quotidiano economico sulla qualità della vita nel nostro Paese, i cui risultati sono stati resi noti il 22 dicembre scorso (ripresi e pubblicati nel nostro sito), conferma tutte le grandi distanze dell'Italia. Ma sappiamo non essere una questione geografica, bensì economica e sociale. Emerge, anzi, una costante dilatazione della forbice tra il Centro Nord e soprattutto il Nord del Paese rispetto al Sud. Trieste offre il meglio mentre Vibo Valentia e in genere le province e le regioni del Mezzogiorno parrebbero non avere sbocchi dal pessimismo più cupo. Come durante e nell'immediato dopo crollo della Prima Repubblica le organizzazioni sindacali interpretano oggi, sole, la piaga di un'Italia divisa in due e i mali del meridione, alzano l'attenzione, danno voce a diritti e aspettative, propongono il concerto delle strategie e dei percorsi comuni, operano un ruolo di supplenza della politica.

E per fortuna, verrebbe da dire, ma sappiamo come non possa essere equilibrio ordinario ciò in cui ogni entità non adempie alle funzioni per le quali è preposta. E allora occorre, anche noi, anche la FITeL, per la sua parte, operare per una diffusa riconversione culturale e "colturale". Operare per avvicinare donne e uomini, giovani e meno giovani, lavoratori e imprese alle potenzialità del territorio, al Sud come nel resto del Paese; per riconvertire il terreno oggi sfruttato per l'egoismo di pochi, per una politica avvitata sugli affari, in un ambiente fertile per il progetto e per l'iniziativa politica.

La FITeL riparte fedele ai principi ed agli obiettivi ribaditi nel suo quinto Congresso di settembre/ottobre e nel primo Consiglio Nazionale di dicembre dello scorso anno.. Ci proponiamo consapevoli che la grande risorsa insita nel tempo libero, nella promozione sociale, non può prescindere da una circostanziata progettualità politica per l'intero Paese. Una grande lacuna, cui anche noi, pur nel quotidiano e specifico impegno che abbiamo davanti, non possiamo non guardare, stimolando, vigilando, contribuendo con intenti e atti al ritorno alla normalità.

Quando si analizza la situazione italiana si evidenzia sempre il grande divario tra il Sud ed il resto del Paese, ma anche le grandi potenzialità inespresse dello stesso Sud. La normale competizione politica, tanto più in vista di una tornata elettorale, diviene causa prima dell'involuzione di un Paese se limitata allo sterile, quando non inqualificabile, campo delle accuse e dei sospetti. Quello che vogliamo, senza facili promesse e ottimismi di sola facciata, è il sereno e costruttivo confronto sui reali grandi problemi. Confronto che presuppone il ritorno alla progettualità politica ( che significa anche professionalità, serietà, onestà!), anche per promuovere ulteriormente Trieste e anche per avvicinare Vibo Valentia a Trieste. Poi, i cittadini potranno fare le proprie convinte scelte e, nel frattempo, la giustizia il proprio sereno corso.

 
 

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