L'apparenza e la realtà
di Gavino Deruda 31-08-09

Nella conferenza stampa tenuta a luglio per la presentazione del DPEF 2010/2013, il Presidente del Consiglio ha detto che i tre obiettivi della stabilità dei conti pubblici, della coesione sociale e della liquidità a favore delle imprese fissati col predetto DPEF dovevano ritenersi raggiunti. E tale era la sua sicurezza che, seppure scettici, propendevamo nel credergli! Ma nello stesso giorno sono arrivati i dati della banca d'Italia che hanno dimostrato che: il Pil ( prodotto interno lordo) retrocede del 5,2% rispetto all'anno precedente; il debito pubblico sale a 1752,188 miliardi di euro, record assoluto e con un incremento abnorme rispetto a quello del maggio 2008 che si era attestato a 1648,72 miliardi di euro ( raggiungendo il 115,30% del Pil rispetto al limite del 60% indicato dal patto di stabilità ); il rapporto deficit/Pil tocca il 5,3% rispetto al 3% indicato dal patto di stabilità; le entrate fiscali calano del 3,4% ma i capitali fuggiti all'estero pare che raggiungano i 500 miliardi di euro. Se così stanno le cose, chi ha ragione?

Poi c'è il secondo obiettivo della coesione sociale: E' vero quello che ci viene propinato o è vero il contrario? Trascuriamo le parole e facciamo parlare i fatti, partendo da una analisi seria delle cause della crisi che ha investito il paese e che invece viene offuscata o ribaltata: l'iniqua distribuzione della ricchezza si è accentuata dal 1995 in poi con dei picchi in alcuni anni dove la speculazione l'ha fatta da padrona, dove l'evasione fiscale è sempre stata una costante quasi tollerata con rassegnata immobilità, accentuando il divario fra Nord e Sud, fra lavoratori dipendenti e pensionati da un lato e lavoratori autonomi dall'altro, fra percettori di reddito fisso e beneficiari di rendite finanziarie. Ora abbiamo questi bei record:

- l'Italia è al sesto posto nella classifica per le più alte disuguaglianze dopo Messico, Turchia, Portogallo, Stati Uniti, Polonia ( dati OCSE: Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo );

- I gioiellieri denunciano al fisco meno degli insegnanti e i ristoratori meno dei pensionati, aggiungendo al danno la beffa;

-Il 10% degli italiani più ricchi possiede il 42% del valore netto della ricchezza del Paese.

Poi arriviamo al terzo obiettivo dei soldi dati alle banche per assicurare liquidità e credito alle imprese. Anche qui non le parole in libertà ma i fatti concreti ci dicono che le banche hanno avuto aiuti enormi ma non sono disposte a dare sollievo alle imprese che stanno lì a boccheggiare e morire. Basterà l'accordo fatto con l'Abi ai primi di agosto per avere qualche risultato che doveva essere implicito negli aiuti concessi con i soldi pubblici?

Ma torniamo alla coesione sociale e leggiamo senza paraocchi i dati Istat i quali ci dicono che in Italia circa 2,5 miloni di persone vivono in povertà assoluta. Ossia 975 mila famiglie, il 4,1% dei nuclei familiari. Nel suo rapporto riferito al 2007 l'Istituto sottolinea che, rispetto al 2005, 'la povertà assoluta e' rimasta stabile e sostanzialmente immutata. Il fenomeno è concentrato al Sud dove la povertà assoluta arriva a 5,8%, mentre il Nord si attesta al 3,5 e il Centro al 2,9.

E proprio in relazione alla situazione per aree geografiche torna utile fare riferimento ai dati del rapporto 2008 sullo sviluppo economico diffuso ai primi di giugno a cura del Ministero dello Sviluppo Economico che mette in luce un'Italia ad evidenti due velocità.

Con una persona su tre con redditi bassissimi, il primato delle Regioni più povere spetta alla Sicilia, ma è tutto il Mezzogiorno, in genere, a mostrare segnali negativi.

Al Nord la sola Liguria mostra una tendenza relativamente negativa, mentre in Veneto il tasso di povertà è dieci volte inferiore a quello della Sicilia.

Di seguito la speciale graduatoria elaborata su dati ISTAT 2007.

Regione % popolazione al di sotto della soglia di povertà

Sicilia 31,8%
Basilicata 27,9%
Calabria 25,7%
Sardegna 24,6%
Campania 23,9%
Puglia 21,9%
Molise 14,3%
ITALIA 12,8%
Abruzzo 12,4%
Liguria 10,5%
Lazio 9,2%
Umbria 8,3%
Valle D'Aosta 7,9%
Marche 7,0%
Piemonte 7,0%
Emilia Romagna 6,8%
Friuli Venezia Giulia 6,8%
Trento 5,9%
Lombardia 5,3%
Bolzano 5,0%
Toscana 4,1%
Veneto 3,4%.

E il reddito dei pensionati come va?

Beh, dai dati forniti dalle federazioni dei pensionati risulta che, contrariamente a quanto va dicendo il ministro Brunetta, il valore reale delle pensioni negli ultimi 17 anni (dalla riforma del 1992 ) è stato decurtato del 35 % e nonostante ciò la rivalutazione annuale prevista dal decreto legislativo 503 del 1992 viene regolarmente disattesa con una chiara e palese violazione di legge.

Ed ecco allora che emerge la consueta differenza fra la teoria e la pratica , fra le parole e i fatti, fra la rappresentazione mediatica e la realtà, cruda e nuda, che è ben diversa da quella che ci si vuole dare ad intendere e che noi invece abbiamo il dovere di smascherare e denunciare se non vogliamo rinunciare a essere cittadini coscienti e responsabili.

 
 

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