L'Italia delle occasioni perdute e delle grandi opportunità
L'espressione interconfederale della FITeL nel ruolo trasversale del turismo
di Gavino Deruda
29/11/05

L'Italia è da sempre sostenuta da un'immagine estremamente attrattiva fatta di grandi valori che interagiscono tra loro nella massima espressione identificativa del Paese. Ed è un'immagine reale, ricca di contenuti visibili, tangibili, vivibili, fruibili. E' l'immagine della cultura, dell'arte, della storia, delle tradizioni secolari, dello sfondo territoriale e ambientale, delle risorse naturali e turistiche.
Valori che tutti assieme sono stati e possono essere il vero valore aggiunto del motore economico nazionale. Eppure, qualcosa si è inceppato. E' come se, nello spontaneo interagire di tali potenzialità, nel naturale cerchio che le stesse vanno idealmente a formare, qualche meccanismo avesse perso ritmo e funzionalità.
In realtà non è così ambiguo il quadro delle cause e concause. Le cose le fanno gli uomini e nella scala che va dalla guida politica ed amministrativa del Paese, dalle trasformazioni delle potenzialità in realtà, fino ai diretti interessati, gli operatori del settore, qualche responsabilità appare più che evidente.
Il turismo italiano, una volta il nostro fiore all'occhiello, è scivolato al quinto posto nella particolare graduatoria mondiale, scalzato dalla Cina e incalzato da altri paesi con minori tradizioni. E' ampiamente tempo di prenderne atto e rimettere la vettura in carreggiata.
Dallo scorso mese di ottobre sono presidente della FITeL, organizzazione interconfederale (CGIL, CISL e UIL sono i soci fondatori) che opera, con molta più legittimazione di quanto non venga, ahinoi, riconosciuto dal Governo, nel tempo libero. Legittimazione che proviene dal sostegno e dalla valorizzazione delle esperienze associative sviluppatesi nei CRAL, Circoli Ricreativi Aziendali. Realtà, queste, che abbracciano trasversalmente la società italiana e che pertanto dovrebbero costituire sufficiente oggetto d'attenzione politica.
Un inciso, allora, merita l'esclusione dal Comitato nazionale per il Turismo insediato presso la Presidenza del Consiglio: è evidente, nella fattispecie, una visione limitata, come limitato, immagino, è l'effetto che può produrre la sua iniziativa, laddove non viene contemplata la componente della domanda, circoscrivendo il tutto ad una sorta di sterile iniziativa corporativistica, appannaggio ovvero dell'offerta.
Posso aggiungere la miopia con la quale dalle promesse si è passati ai tagli per 9 milioni di euro all'Enit con la Finanziaria 2006. Il consuntivo di questa fase è, dunque, pur nella dovuta considerazione del necessario rigore di bilancio, quello di una valutazione piuttosto superficiale e distante, per non dire inesistente, delle esigenze che sono alla base di un possibile sviluppo settoriale e di un probabile traino economico che, tanto più in questo difficile momento, è quanto necessiterebbe al Paese.
Non sono, tuttavia, a ridurre le ragioni ad una visione semplicistica e men che meno, per partito preso. Questo è ampiamente il tempo della più elastica presa d'atto della situazione: lo è per altri settori, lo è per l'economia e la società italiana in genere, lo è per il turismo e per i valori dei quali è portatore. La questione non è solo di intuizioni, determinazioni e atti di governo. La questione fonda le proprie radici anche su una diffusa involuzione nella gestione operativa del sistema turistico italiano. Dal mare alla montagna, dalle città d'arte allo spazio rurale, occorre dar vita ad una sincera e profonda analisi dell'organizzazione dell'offerta e della fondamentale gestione che accompagna la stessa. Quella gestione che è fatta indubbiamente di servizi che, al di là delle risorse naturali del luogo, è sempre una priorità nella valutazione della domanda, ma è anche e soprattutto fatta di semplici rapporti umani, senza i quali, crisi o non crisi, è difficile fare breccia nella memoria del cittadino, consumatore, turista.
Non è una questione di Nord o Sud. Probabilmente v'è anche questa persistente distanza alla base dei differenziali di competitività, ma non si possono sottacere le carenze che ci sono nelle strutture dell'accoglienza e nel sistema dei trasporti come pure nei rapporti diretti con i turisti che chiedono educazione e rispetto, cordialità e serietà che devono diventare una caratteristica costante degli operatori e di quanti interagiscono nel settore.
Siamo in tempo per interrompere la negativa tendenza, in tempo per dare olio ai meccanismi inceppati nel cerchio dei valori che fanno capo al turismo ed alla valorizzazione del tempo libero. CGIL, CISL e UIL hanno formalizzato nel 1993, con la FITeL, il comune intento di contribuire allo sviluppo economico e sociale in questo campo e, mai come oggi, la FITeL testimonia la bontà della propria ragion d'essere. Parliamo di interessi trasversali, comuni all'intera società, e rispetto ai quali il solo paesaggio non è sufficiente per uscire dagli angusti margini di manovra in cui versa il turismo italiano e determinare nuovo, solido e duraturo sviluppo.
Colgo, perciò, l'occasione per chiedere alle federazioni sindacali di sostenerci nella nostra azione di coinvolgimento del maggior numero di cral operanti nei loro comparti di competenza per dare alla Fitel un peso negoziale maggiore nei suoi compiti di coordinamento, di rappresentanza e di tutela per gli stessi circoli e per i lavoratori aderenti in tutti i campi del tempo libero, dal turismo sociale allo sport dilettantistico e amatoriale, dall'arte alla cultura, dallo svago alle attività ricreative in genere, rivitalizzando gli scopi, i principi e le finalità che il legislatore, con grande ed encomiabile lungimiranza, volle affermare nel lontano 1970 con l'articolo 11 della legge numero 70.

 
 

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