CNEL: Sport cultura e turismo, le offerte dei circoli ricreativi aziendali dei lavoratori
di Rossella Ronconi

L'indagine, presentata la settimana scorsa presso il CNEL, effettuata dallo stesso in collaborazione con la FITeL (Federazione Italiana tempo Libero, voluta da CGIL-CISL-UIL), ha cercato di esplorare il mondo dell'associazionismo del lavoro che si occupa dell'organizzazione del tempo libero ai vari livelli, aziendali e territoriali. Un contesto, che come emerge dal Rapporto in questione - benché profondamente ridimensionato in questi ultimi venti anni, soprattutto a causa dei profondi cambiamenti e ristrutturazioni dell'apparato produttivo, con conseguente calo del numero dei circoli, soci iscritti, sedi e personale addetto), rappresenta una significativa opportunità di aggregazione e partecipazione in merito ad importanti attività per il tempo libero nonché per l'offerta di servizi ai lavoratori, alle loro famiglie e ad altri soci ( fra le quali primeggia lo sport, cui seguono le attività culturali e turistiche che risultano essere le attività prevalenti svolte dai CRAL (Circolo ricreativo aziendale lavoratori) rispettivamente nel 90.3%, 88.3%, 86.2% dei casi; quelle commerciali per il 79% del campione, nonché per l'offerta di servizi educativi-formativi e quelli socio- sanitari, vale a dire per il 22% e 19%). La profonda metamorfosi intervenuta sul piano sociale ed economico, nonché i mutamenti avvenuti relativamente agli assetti societari delle aziende di riferimento, come si sottolinea nell'Indagine, rendono tuttavia difficile stimare la reale consistenza e dimensione della rete dei CRAL. Come stato illustrato il Presidente della FITel, Luigi Ferrando e dagli altri interventi succedutisi, l'Indagine CNEL - FITeL consente di avviare una analisi e riflessione seria sui CRAL, a partire dalla loro dimensione più virtuale che reale stimata intorno a 4.000 Circoli che coinvolgono circa 10 milioni di lavoratori producendo un volume d'affari valutatati in circa 20.000 mld di vecchie lire l'anno. La FITeL, che ne associa circa 500 e conta 800 mila soci, rappresenta solo una parte del campione dell'Indagine del quale, oltre la metà si concentra in sole quattro grandi Regioni del centro nord: Lombardia (780), in Emilia Romagna (570), Lazio (525) e Piemonte (231). Si tratta di Circoli di piccole (fino a 100 soci), medie (tra 200 e 600 soci) e grandi dimensioni (oltre 600 soci), sorti prevalentemente intorno agli anni '70 in tutti i settori produttivi (prevalentemente industria, trasporti, Enti Locali, settore bancario, sanitario, previdenziale rispettivamente 31%, 14.4%, 12.9%, 10%, 8% e 7% del campione). Il Rapporto tuttavia, oltre a fornire dati e informazioni utili ad una analisi quantitativa dei CRAL, esamina tali associazioni di promozione sociale da un punto di vista normativo e contrattuale. Queste ultime, previste dall'art. 11 della Legge 300/70, agiscono attraverso uno statuto corrispondente alle finalità da perseguire. Attualmente la legislazione sul no profit gli riconosce particolari agevolazioni fiscali a tutela e garanzia di interessi collettivi dei lavoratori, anche se niente ancora è stato fatto sul versante specifico dello sport promosso dai Cral. Infatti, a tutt'oggi, per lo svolgimento l'attività sportiva, soprattutto i grandi Cral devono pagare un "pedaggio"o al Coni o all'associazioni di promozione sportiva (come ad esempio, quando va bene all' U.I.S.P., U.S. ACLI ed in molti casi pure C.S.A.In. -Centri Sportivi Aziendali Industriali) in quanto gli stessi, pur avendo maggiore legittimità di altre associazioni sportive, poiché essi non solo promuovono iniziative di "sport per tutti" ma soprattutto attività di promozione sportiva (ad esempio per i figli degli iscritti) non sono ancora riconosciuti dal Coni come associazioni di promozione sportiva. I Cral, non sempre previsti nella contrattazione nazionale, operano in contatto con le organizzazioni sindacali, avvalendosi saltuariamente di collaborazioni con altri soggetti istituzionali e sociali presenti sul territorio (patronati, imprese, enti pubblici, enti locali, associazioni di volontariato), anche per la realizzazione di iniziative di impegno sociale. I dopolavoro aziendali - hanno sottolineato molti degli intervenuti - costituiscono un modello associativo e infrastrutturale rilevante, una risorsa da recuperare, sostenere e valorizzare come patrimonio non solo per i lavoratori ma anche per la collettività intera, per il bagaglio di esperienza e di valori e che essi rappresentano in direzione di un modello sociale ed economico alternativo e parallelo al mercato.Roma, 07/06/2005

 
 

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