Olimpiadi invernali: cosa resterà?

Dall'eredità di Torino 2006 possibile un modello per il Paese con al centro il tempo libero

di Gavino Deruda – 23/02/2006

Nello scorso mese di dicembre, quindi in una vigilia abbastanza prossima all'evento vero e proprio, è stato presentato lo studio più accreditato sul possibile impatto delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 sull'economia italiana. Autori: l'Unione Industriali di Torino e l'Università “La Sapienza” di Roma. Periodo di riferimento scelto per le stime: il quadriennio 2005/09.

E dunque, cosa resterà o dovrebbe restare? Quale sarà, o dovrebbe essere, l'eredità di Torino 2006? Dati e dichiarazioni di dicembre, ma sempre validi per la proiezione dei fatti, che non possono che far ben sperare: crescita del valore aggiunto di 17,4 miliardi di euro; una media di 57.000 posti di lavoro all'anno per un aumento dell'occupazione dello 0,2%; crescita media annua del PIL nazionale dello 0,2%.

“Queste Olimpiadi, secondo i dati stimati, avranno un grande impatto, soprattutto nelle costruzioni e nel turismo”, fin qui le parole del Ragioniere Generale dello Stato, Mario Canzio. Le stime hanno potuto contare sul modello IDEM, Italy Demographic Economic Model, della Ragioneria dello Stato, tramite il quale è possibile stimare la crescita del valore aggiunto e dell'occupazione indotta dalle spese per investimenti e consumi collegate alla realizzazione di un evento. Le simulazioni si basano sugli investimenti attivati direttamente, ma anche indirettamente, per l'evento olimpico. Ecco, allora, come da circa 1.1 miliardi di euro di risorse private investite su Torino 2006 si siano liberati 13 miliardi di euro di investimenti totali, dai quali dovrebbero derivare i dati sopra elencati, ai quali va aggiunta una riduzione del tasso di disoccupazione di 2/10 di punto.

Nel progetto per Torino 2006, al fianco della realizzazione dell'evento v'è uno spazio importante per la sua eredità. Quello dell'eredità è stato tema di estrema attualità già durante l'evento e anche prima che lo sport occupasse l'intera scena. E' senz'altro positivo, pensando a diversi esempi del passato ed alle cattedrali olimpiche che qua e là hanno contribuito a dare un senso di decadenza nelle città ospitanti il sacro fuoco, ma la domanda spontanea che ci si pone è perché si debba attendere l'evento, la cassa di risonanza mondiale per un “repulisti” spesso necessario per l'ordinaria qualità della vita?

E' chiaro a tutti il ritorno economico legato al turismo, anche nell'auspicio di una promozione che abbia effetti duraturi, così come edilizia ed infrastrutture, specialmente le vie di comunicazione intermodale, vanno ad incidere sulla suddetta quotidianità. Ma in questi giorni è chiaro pure che l'eredità è un problema da gestire e da risolvere anche a costo di forzature nell'impiego di aree, strutture e immobili, mentre un “repulisti” dettato da esigenze essenziali, oltre che da quelle connesse direttamente allo sviluppo, è, almeno teoricamente, meno soggetto ai margini d'errore e di spreco.

V'è, poi, una specie di “vezzo comunale”, tutto proteso ad attendere una sorta di altisonante cerimonia inaugurale, di battesimo urbano, per dare seguito ad un massiccio impegno progettuale, strategico e finanziario per riproporre in bello stile la città.

Il sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, ha già diverse ipotesi in cantiere per fare della Torino olimpica una città funzionale e ricca di proposte culturali, artistiche, turistiche, sportive. Villaggi destinati per il 40% ad edilizia sociale e per il restante ad edilizia di mercato, universitaria.

Musei, esposizioni, cultura, intrattenimento, enogastronomia, sport, sono le parole ricorrenti. E, poi, giustamente, il sindaco richiama alla necessità di sostenere le destinazioni delle strutture con appropriate politiche di settore.

Da Torino, insomma, potrebbe venire un interessante esempio, non solo per l'impatto economico nel breve periodo, ma anche per la piena finalizzazione della “macchina” per l'evento al servizio dell'ordinarietà. Strutture, infrastrutture e politiche che pongono il tempo libero nel suo insieme al centro del progetto per il futuro. Attendiamo fiduciosi, pronti a dare il nostro contributo per la creazione di un modello da proporre all'intero Paese dimostrando tutti assieme che abbiamo molto imparato da alcune esperienze negative del passato e che ora siamo capaci di operare contro gli sprechi, con grande oculatezza e senso civico.

Nota: editoriale pubblicato sulla rivista “Tempo Libero” di aprile-maggio 2006

 
 

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