CGIL-CISL-UIL e sindacati dei pensionati firmano ogni anno parecchie centinaia di accordi territoriali con gli Enti Locali sulle politiche di carattere sociale. Il tempo libero e la promozione culturale e sociale delle persone sono materie assenti da questi accordi. Ciò è sicuramente dovuto alla crisi degli ultimi anni che ha condizionato la politica rivendicativa del sindacato a ogni livello, ma per saperne di più “TEMPO LIBERO” ne parla con gli esperti sindacali confederali: MARIA GUIDOTTI (Coordinatore dell’area contrattazione - CGIL), ALESSANDRO GERIA (Dipartimento Politiche Sociali e della Salute - CISL ), FRANCESCO MARIA GENNARO (Servizio contrattazione privata, politiche settoriali - rappresentanza e rappresentatività - UIL)

Intervista a Francesco Maria Gennaro (Servizio contrattazione privata, politiche settoriali - rappresentanza e rappresentatività - UIL)

TEMPO LIBERO - Quali altre ragioni possono spiegare questo limite dell'azione sindacale sul territorio?
Se posso, più che ‘assenti’ ritengo maggiormente appropriato evidenziarne la fragilità e la disomogeneità. Da un lato, perché vi sono molteplici buone pratiche da tenere in considerazione, verso cui magari occorre compiere uno sforzo ulteriore di informazione e diffusione. E, dall’altro, in virtù dell’autorevolezza che sono in grado di esprimere i Sindacati dei pensionati, ancora oggi, ed in condizioni sempre più ostili.
Intanto, banalmente, una delle cause è da ascrivere certamente in forma più universalistica alla tendenza crescente degli ultimi anni di limare e - per certi versi persino di criminalizzare - i corpi intermedi, a vantaggio diretto delle grandi Onlus ed organizzazioni del Terzo settore. Intendiamoci, non dovrebbe affatto esserci competition tra Sindacati e associazionismo, giacchè si tratta di due mondi che hanno la medesima finalità: dedicarsi agli altri. E’ fondamentale, infatti, una strategica sinergia in un filo rosso di contiguità tra due motori pulsanti e vitali di ogni società civile e democratica. Tuttavìa, è in corso una delegittimazione scientifica del Sindacato, a vantaggio di molteplici Onlus, a tutti i livelli istituzionali, nel solco di un miope quanto dannoso “dividi et impera”. Mettiamocelo in testa: il Sindacato che sa svolgere il proprio mestiere mette paura, in quanto rappresenta ancora forse l’ultimo baluardo di democrazia e di coinvolgimento reale. Viviamo un’era in cui il sistema di “check&balance” è in crisi, ed i contrappesi, costituzionali o consuetudinari, non sono graditi.
Non v’è dubbio, in secondo luogo, più nello specifico, che si siano palesati limiti congeniti nei processi di negoziazione territoriale. Innanzitutto, molto spesso manca una specifica piattaforma di programmazione e pianificazione dalla controparte istituzionale. Inoltre, è assente un criterio di misurazione di impatto in relazione agli accordi stipulati. Dunque, talvolta, limiti esogeni e strutturali si dimostrano oggettivamente ostativi. Ma, ciò non toglie, che si possa e si debba fare di più leggendo ancora meglio i mutamenti sociali e le traietto-rie da intraprendere, come appunto, il rafforzamento del tempo libero e della promozione culturale e sociale delle persone. In tal senso, è assolutamente meritoria l’azione di pungolo e di sollecitazione della FITeL.
La Fitel ha dato vita in molti territori ai CRT (Centri ricreativi territoriali) con l'intento di allargare e arricchire l'esperienza che i Cral aziendali hanno maturato nel corso degli anni nella politica ricreativa, culturale, sportiva. Queste strutture operative possono diventare un strumento di riferimento di un rinnovato impegno sindacale a livello territoriale per una politica del tempo libero rivolta alla cittadinanza e in particolare alle fasce più deboli delle comunità locali?
La domanda sembra fin troppo retorica. Infatti, è piuttosto evidente la bontà dell’intuizione della FITeL cui va rivolto un sincero plauso. Sovente si abusa del termine “riformismo”, svuotandone il significato che non è più sinonimo di miglioramento attraverso l’interpretazione del turbinio dei cambiamenti, ma diviene una pratica di revisione al ribasso che genera livellamento di diritti. Questo, invece, ne è un esempio fulgido, autentico, dalla cifra comunitaria e solidale.
In una società molecolare, a coriandoli, turboframmentata, vi è l’assoluta necessità di con-nettere le fragilità e le solitudini. Non serve ricorrere alla lettura di indagini e ricerche per constatare il progressivo impoverimento della popolazione, al netto di proclami propagandistici. In tale cornice, i CRT possono esercitare una funzione di punto di riferimento, di saldo ancoraggio per quanti versano in condizione di sofferenza ed affanno.
Educare ai sani stili di vita, promuovere l’integrazione, stimolare la partecipazione e diffondere la cultura del tempo libero di carattere sportivo, culturale e di prossimità è una delle sfide cardine per le generazioni più giovani e nell’alveo di quella che può configurarsi come vera e propria emergenza se non saremo in grado di disegnarne un adeguato contenimento attivo, ossia la non autosufficienza.
Decodificare i vecchi e nuovi bisogni aiutando il prossimo, incentivando le nuove leve allo spirito di iniziativa contribuendo ad attrezzarne il fagotto curriculare e di conoscenza e rafforzando percorsi di riprogettazione di vita e di longevità di successo possono e devono essere le priorità per i soggetti che ancora sono in grado di pensare e di dotarsi di respiro lungo come la FITeL e il Sindacato Confederale. Dunque, ben venga la nuova iniziativa di raccordo per la cittadinanza, di scambio di esperienze e di protezione sociale messa da voi in campo.
Come è possibile collegare la politica del tempo libero sul territorio alla contrattazione del welfare aziendale? Cosa deve fare il sindacato a livello politico e organizzativo perché questa integrazione si realizzi? Quale funzione devono esercitare le Istituzioni locali?
Intanto, doverosamente, partiamo dalla presa d’atto che di Mattei o Olivetti, i padri del Welfare aziendale nel nostro Paese, non se ne vedono in giro. Ed è il primo punto fermo, che ci obbliga a tenere i piedi per terra, cogliendo la cognizione del contesto in cui ci troviamo.
Per porre le basi affinchè vi possa essere un collegamento solido tra la politica del tempo libero sul territorio e la contrattazione del welfare aziendale occorre dapprima immaginare strumenti di misurazione, di impatto e di monitoraggio del welfare aziendale, oggi perlopiù assenti. In questo terreno, anche l‘avvento ed il consolidamento degli indicatori BES - Benessere equo e solidale - può offrire un contributo efficace nella direzione auspicata dalla FITeL e condivisa anche da noi.
Il Sindacato sta affrontando le rinnovate difficoltà palesando straordinaria vitalità, avviandosi a scrivere un nuovo corso che sembra tradursi in uno scatto di unitarietà di intenti che ha la finalità di mettere al centro la persona. Un vecchio slogan del progressismo europeo recitava “people first”; è esattamente questo il terreno su cui dovremo misurarci, ponendo al centro la persona.
In quest’ottica, Sindacato e FITeL possono e devono marciare insieme sulla base di una piattaforma in grado di andare incontro alle esigenze dei lavoratori in merito alla protezione sociale imperniata prevalentemente sulla previdenza complementare, sulla sanità integrativa e sulla conciliazione vita-lavoro - come è fisiologico che sia in tempi in cui i diritti basilari collettivi e pubblici vengono meno - ma che sia capace anche di andare oltre, adoperandosi al pieno compimento della soddisfazione del lavoratore in quanto persona, con i propri bisogni ed i propri desideri. Sono ottimista, perché vedo gli spazi e le volontà.
La coperta ormai va restringendosi anche per le amministrazioni locali, costrette ad assolve-re ancor meno dell’ordinaria amministrazione in termini di risorse. E’ ovvio che si fa avanti prepotentemente il modello di sussidiarietà orizzontale. Il rischio da scongiurare è che il mondo for profit tout court possa avocare a sé la globalità dell’erogazione dei servizi alla persona, laddove chi ha il profitto come scopo non sempre riesce a perseguire la finalità collettiva per il bene comune o sociale.
Lungo quest’asse, le amministrazioni locali devono riuscire a cogliere l’opportunità di un’alleanza con un mondo del merito che rappresenta quello del bisogno, ovvero i soggetti sociali. Penso che vi siano le condizioni perché i Cral possano nuovamente essere finanziati dalle amministrazioni pubbliche in un sistema virtuoso e multidimensionale di convenzioni nell’interesse dei cittadini e dei lavoratori. Bisogna mettere insieme tutti gli attori possibili, che devono saper dialogare e condividere.
Il Sindacato, da par suo, farà come sempre la sua parte con la capacità che gli è propria di rispondere “presente”, pianificare, collegare e immaginare.
 

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