Il Ruolo dei Cral ed il Welfare aziendale secondo gli esperti nazionali del settore di  CGIL-CISL-UIL

La rivista “Tempo Libero” ha rivolto delle domande sul ruolo dei Cral e sul Welfare aziendale

I temi proposti sono di grande attualità e meritano una larga partecipazione al dibattito. Per questa ragione la redazione della rivista Tempo Libero invita le strutture FITeL regionali, i Cral e le Associazioni a intervenire con propri contributi che saranno pubblicati nei prossimi numeri.

 

 

Intervista a Rosario Strazzullo, Coordinatore dell’area contrattazione - CGIL Nazionale

 

Il welfare aziendale è un tema che inizia ad occupare un posto importante nei tavoli di confronto. Esso interessa ancora una parte limitata del mondo del lavoro e non sempre è il risultato della contrattazione.

Qual’è la strategia sindacale per il prossimo futuro?

La crescita del peso e del ruolo delle tematiche del welfare a livello aziendale dipende in parte dalla contrattazione aziendale che come sappiamo copre una parte minoritaria delle aziende e degli occupati. Poi è cresciuta una iniziativa diretta delle imprese in materia di welfare al di fuori della contrattazione aziendale. Questi processi si spiegano in virtù da un lato con i processi di razionalizzazione,efficienza del welfare universale e dall'altro anche con una nuova attenzione ai servizi alle persone, ai servizi reali,ai valori d'uso,alla crescita di partecipazione delle donne al mercato del lavoro,ai processi di invecchiamento della popolazione etc.

La domanda posta implica anche una ricostruzione del quadro attuale su due versanti.

Le aziende che hanno contrattato il welfare per il passato e che sono di riferimento in questo campo, hanno nella maggioranza dei casi, caratteristiche ben precise. Di solito ci troviamo di fronte ad aziende con un numero di addetti abbastanza elevato (grandi), con radicamento e diffusione sul territorio (luxottica), o multinazionali nel campo delle reti (enel, telecom ecc) o dell'alimentazione (ferrarelle) ecc.

Non da molto si può registrare uno sviluppo di questo tipo di contrattazione anche nelle aziende medie. È evidente che il contesto di crisi economica ha certamente contribuito, almeno fino ad oggi, ad uno sviluppo tutto sommato limitato e comunque il fenomeno è stato fortemente collegato a robusti sistemi di relazioni sindacali sia nazionali presenti nei contratti collettivi di riferimento che ne definivano gli ambiti normativi, che ad una contrattazione di 2 livello in molti casi avanzata (carrello della spesa luxottica).

Tutto ciò In un quadro di arretramento generale da parte dello stato sui livelli di protezione e tutela.

Il sindacato fino ad oggi su questo argomento, ha sempre giocato un ruolo attivo attraverso la contrattazione e con le proprie rappresentanze sindacali, tanto è vero che alcuni accordi hanno fatto scuola.

Il problema e che fino ad oggi il fenomeno è rimasto abbastanza contenuto e comunque regolamentato. Ora con le innovazioni recenti (legge di stabilità) il pericolo e’ che può svilupparsi un modello che supera la contrattazione tra le parti andandosi a configurare solo come rapporto diretto tra lavoratore e datore di lavoro per supplire ad una carenza di servizi pubblici inefficaci o inesistenti e di ruolo dello stato.

Una strategia sindacale per il futuro deve provare a tenere insieme diversi elementi. Deve puntare a sviluppare contrattazione aziendale e welfare senza rinunciare,anzi perseguendo una politica per il welfare universale. L'alternativa è quella di restare in balia degli andamenti di mercato,di essere risucchiati in una concezione di mercato del welfare,di diventare “committenti” delle agenzie di assicurazione. Una sfida della contrattazione è come coinvolgere il territorio nella riorganizzazione del welfare universale e nelle contrattazioni di quello integrativo. In questo scenario ad esempio contrattazione aziendale e territoriale sono più vicine e meno distinte di come sono oggi e di come le rappresenta la nostra discussione.

 

Un aspetto importante del welfare aziendale è la politica del tempo libero. La FITeL da più di venti anni è impegnata a promuovere attività di promozione culturale e sociale dei lavoratori avendo come base associativa i CRAL e come riferimento valoriale l’articolo 11 dello Statuto dei diritti dei lavoratori.

Quale peso deve avere la politica del tempo libero all’interno del welfare aziendale?

 

E' innegabile il ruolo storico avuto in questi anni dai cral aziendali, anche se il fenomeno risulta abbastanza ridotto rispetto al passato in considerazione che molte grandi aziende,spesso pubbliche non ci sono più (es Italsider) e comunque dove è rimasta, questa dimensione l'esperienza legata ai cral è stata confermata con minore difficoltà (es. banche).

In questi ultimi anni le fattispecie proprie di welfare aziendale hanno sempre meno riguardato contesti legati al tempo libero, a meno che, per tempo libero non lo si intenda in senso ampio (non tanto la gita/viaggio ma la liberazione del proprio tempo): come tempo di cura (anziani/figli piccoli/disabili ecc), tempo di lavoro (flessibilità oraria/congedi), servizi in azienda ecc. A queste configurazioni si affiancano poi quelle legate alla sfera sanitaria.

Il tempo libero visto come svago o come accrescimento culturale nel tempo ha assunto un ruolo minore e più residuale e legato alle capacità di sostenibilità economica della persona (viaggi). Sempre di più nella crisi per un lavoratore si è posta l'alternativa di spendere risorse in beni più legati alla propria condizione materiale per se e la propria famiglia.

Questo comporta a nostro avviso un ripensamento complessivo del ruolo dei cral aziendali anche perché l'azienda oggi è in grado attraverso pacchetti specifici di offrire alcuni di questi servizi (palestre) in modo diretto.

Questo ragionamento si incrocia anche con i costi e la sostenibilità delle strutture del cral che vedono, oggi sempre meno, da parte delle aziende, interventi diretti di sostenimento sia del personale dedicato, che delle stesse attività ricreative attraverso i cosiddetti “contributi aziendali”.

Non credo quindi sia una forzatura affermare che una esperienza importante come quella richiamata sia oggi non solo ristretta nelle dimensioni e nel coinvolgimento delle imprese ma da ripensare e riorganizzare. Come? Collocandola come pone la domanda dentro il welfare aziendale. Welfare aziendale che dovrà nascere da uno sviluppo della nostra iniziativa che ponga attenzione ai servizi alla persona,al rapporto tra salute prevenzione stili di vita alimentazione sport e tempo libero,turismo e cultura,tempo di lavoro e ricreazione,intrattenimento etc. Lo spazio tipico della iniziative dei cral è stato eroso in particolare dalle politiche dirette di welfare aziendale,cresciute al di fuori della contrattazione. Solo se saremo in grado di fare crescere la contrattazione aziendale sul welfare e in questo ambito sulle materie su cui hanno più lavorato,storicamente,i cral riprenderemo un ruolo in primo luogo contrattuale e poi a seguire su tutto il resto.

 

I CRAL svolgono un ruolo insostituibile nella programmazione e nella gestione di iniziative ricreative e di promozione culturale dei lavoratori, arricchendo il capitale umano dell’azienda e del territorio.

La crisi degli ultimi anni e la necessità di definire nuovi criteri di partecipazione dei lavoratori alla programmazione delle loro attività hanno appannato in alcuni casi il ruolo sociale di queste strutture democratiche.

Come rilanciare e riformare la funzione dei CRAL nella contrattazione nazionale e di secondo livello?

 

Ripensare al ruolo dei cral in un contesto così cambiato dove la domanda culturale da parte dei lavoratori cambia e si trasforma in modo considerevole significa affrontare cambiamenti di impostazione complessiva di queste strutture. Questo è un compito non facile che può vedere di individuare soluzioni solo attraverso la comprensione di che cosa oggi serve al lavoratore, quali sono le sue esigenze, e quindi cosa si può erogare e sotto quali forme.

Peraltro sarebbe utile operare una ricognizione relativamente a come oggi nei contratti nazionali , l'argomento cral è disciplinato e di come nella sostanza viene regolamentato a partire dai finanziamenti eventualmente previsti. Ovvero se ancora oggi questo argomento rappresenta un costo contrattuale nei rinnovi. In parte lo si accennava già nella risposta precedente. Un possibile ruolo futuro dei cral può nascere da una ripresa della contrattazione di secondo livello,che tiene insieme le diverse materie del welfare,che è finalizzata ad una attenzione alle persone e alle loro esigenze globalmente intese che dimostra nei fatti che si possa fare meglio con la contrattazione che con le politiche aziendali e non solo in virtù degli incentivi fiscali disponibili peraltro anche superabili per gli strumenti che il governo e il parlamento vogliono mettere a disposizione.

 

La Legge di stabilità per il 2016 trattando dei regimi fiscali dei premi di produttività prevede che i benefici devono essere erogati in esecuzione dei contratti di aziendali e territoriali.

Questa norma rilancia il ruolo contrattuale del sindacato nazionale e aziendale nella determinazione delle politiche di welfare nei luoghi di lavoro?


Come è noto la legge di stabilità prevede per il 2016 una detassazione del 10% anche per redditi fino a 50000 euro fino a 2000 euro di importo del premio. Ma la novità più di rilievo riguarda le agevolazioni fiscali in materia di welfare che vedono la possibilità da parte del lavoratore di poter scegliere in sostituzione parziale o totale del premio di produttività, prestazioni in beni e servizi proposti dal datore di lavoro che non costituiranno reddito.

Come abbiamo sostenuto la questione è delicata. Perché,da un lato, la norma tende ad incentivare una contrattazione aziendale/territoriale legata alla produttività e altri fattori (con un possibile svuotamento di quella nazionale se non opportunamente regolata) e a incentivare il welfare privato,dall'altro, a danno di quello universale contribuendo ad un ulteriore arretramento dello stato.

Inoltre le politiche di welfare aziendale che il datore di lavoro potrà offrire, non è detto che nella loro articolazione possano vedere un ruolo attivo del sindacato aziendale e delle rsu potendosi configurare come “pacchetti” precostituiti e sostitutivi della contrattazione, confezionati dal datore di lavoro.

Quindi la prudenza è d'obbligo in quanto il rilancio del ruolo di contrattazione del sindacato si potrà avere se effettivamente si avrà modo di poter contrattate anche politiche di welfare nei luoghi di lavoro nel quadro di una contrattazione nazionale di riferimento su salari e diritti e aziendale su premi e organizzazione del lavoro.

Senza sottovalutare Il pericolo che lo sviluppo di aziende di servizi che offrono questi pacchetti legati al welfare, possa vanificare la possibilità da parte del sindacato di definire le politiche e gli indirizzi di welfare aziendale.

Questo è un pericolo reale con cui bisognerà fare i conti ma può anche essere un'opportunità per affrontare come sindacato questo aspetto che fino ad esso è risultato abbastanza marginale e comunque confinato all'interno delle politiche contrattuali come un argomento sicuramente non di primo piano. L'opportunità ci sarà se riusciremo ad integrare le materie e i livelli contrattuali,se riusciremo a evitare il disegno di governo e Confindustria di un welfare aziendale sostitutivo della contrazione aziendale su premi e organizzazione del lavoro nel quadro del contratto nazionale di lavoro che definisce i diritti inderogabili.

La scelta del governo è quella di riprendere la detassazione dei premi e di altre materie e di estendere gli incentivi alle politiche di welfare non considerando reddito entro certi limiti le erogazioni di servizi di welfare aziendali. Le persone,come detto sino ad ora hanno una maggiore attenzione ai servizi,ma aggiungiamo che hanno anche bisogno di maggiore reddito disponibile. Una altra sfida per la contrattazione è anche come mettiamo assieme reddito e servizi vedendo situazione per situazione, con le persone interessate,quale è la migliore combinazione possibile e al di fuori di contrapposizioni che lasciano il tempo che trovano. Se si vuole contrapporre reddito e servizi quelle norme aiutano poco. Se si vuole riprendere un percorso in parte già sperimentato negli anni scorsi e arricchirlo di nuove soluzioni attente alle persone allora le stesse norme possono anche aiutare. Ovviamente quelle stesse soluzioni non vanno contrapposte al ccnl e il governo deve riconsiderare tutte le minacce che i sta annunciando per il prossimo anno.

 

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